Software pirata, l’Italia tra i primi Paesi d’Europa

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In questo periodo di crisi, in cui statistiche oscillanti e rating azzardati sono in grado di far crollare intere economie, appare sempre più evidente la pietosa condizione italiana esercitata su più fronti. I nostri salari sono i più bassi d’europa, la libertà d’informazione è tra le più limitate e la velocità di connessione sembra quasi da terzo mondo… insomma, ultimi in tutto. Ma pessimismi a parte, c’è un caso in cui noi del Bel Paese primeggiamo alla grande, dal momento in cui risultiamo essere tra i primi d’Europa in quanto a mercato del software illegale.

Un quadro decisamente nero, tracciato su scala internazionale dal Global Software Piracy Study e pubblicato dalla BSA, delineatosi su una serie di ricerche condotte relativamente allo scorso anno. Nel 2011, infatti, il valore totale del software pirata ammontava a 63,4 miliardi di dollari (4,6 mld in più rispetto al precedente anno).

In quest’ottica tristemente negativa anche l’Italia sembra dunque essersi conformata, poichè il 48% del software in circolazione nel suo territorio risulta essere piratato, per una ricchezza sottratta pari a 1,4 miliardi di euro. Un dato che è tra i più alti d’Europa (secondo solo al 61% greco e a pari merito con Cipro e Islanda).

Da questi dati non poteva non emergere la netta presa di posizione del presidente di BSA Italia, Matteo Mille, che evidenzia una forte presenza del software pirata anche in ambienti lavorativi. Suo, inoltre, l’auspicio di un maggiore inasprimento delle misure di sorveglianza e di una più incisiva intensificazione delle sanzioni per i trasgressori della legge.

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