Il 2019 è arrivato e con lui potrebbe arrivare il momento più temuto dagli utenti di WhatsApp.
Con l’addio dei suoi fondatori infatti, l’azienda (Facebook) può finalmente inserire la pubblicità all’interno della app, tradendo di fatto le promesse fatte in precedenza e facendo storcere il naso ai milioni di utenti che la utilizzano goni giorno.
Il servizio, acquisito nel 2014 da Facebook per 18 miliardi di dollari, trova così un modo per monetizzare e trasformare l’investimento in un enorme guadagno.
Whatsapp è troppo radicata per vedere una migrazione di massa, inoltre le pubblicità non dovrebbero essere troppo invasive e relegate alle abbastanza inutili stories di Whatsapp, utilizzate da un numero ridotto di utenza e spesso trascurate.
Niente banner e interruzioni durante l’utilizzo quindi, cosa che non ha impedito agli utenti di dichiarare guerra alla app, lamentandosi della scelta e minacciando di abbandonarla in favore di Telegram o di nuovi avventori.
La risposta degli utenti ha però delle basi, basti pensare alle dichiarazioni fatte sette anni fa che, acquisizione o meno, dovrebbero essere tenute di conto:
“In ogni compagnia che vende pubblicità, una fetta consistente del team di ingegneri dedica il proprio tempo a mettere a punto il sistema di raccolta dati, alla scrittura di un codice in grado di ottenere il maggior numero possibile di informazioni sugli utenti e sulle loro abitudini, verificando che tutto sia registrato e gestito correttamente. Alla fine della giornata il risultato di tutti questi sforzi è un banner pubblicitario leggermente diverso sul browser o sul dispositivo mobile.“
L’arrivo della pubblicità porterà di sicuro dei cambiamenti all’interno della app, rendendola forse meno rapida e appetibile, e mettendo gli utenti in difficoltà, per esempio trovandosi elementi pubblicitari legati alle loro conversazioni.
Se questo dovesse riguardare solo le storie però, le cose potrebbero andare un po’ meglio, e buona parte di noi, potrebbe a mala pena accorgersi del tanto temuto arrivo degli adds.