Se ne parlava da tempo ma adesso arriva la conferma dell’Oms, organizzazione mondiale per la sanità.
La dipendenza da videogiochi esiste, ed è una malattia mentale riconosciuta.
La dipendenza in questione è stata introdotta all’interno della International Classification of Disease, e si diagnostica nel caso in cui le sedute di gaming “aumentano di intensità e frequenza”, fino a raggiungere, come avviene nella varie malattia di questo genere, picchi che portano a trascurare se stessi e le altre attività che svolgiamo.
Perché si possa parlare di vera dipendenza però, è necessario osservare questo tipo di comportamento per almeno 12 mesi. Escludendo quindi momenti di necessità di svago, o un videogioco che per un breve periodo appassiona particolarmente il giocatore portandolo a dedicargli anche ore di sonno o ore dedicate al lavoro.
E’ il primo caso della storia in cui si fa riferimento alla dipendenza da videogiochi in modo ufficiale. Adesso è da vedere come reagiranno in rappresentanti del media e quali saranno le risposte sotto il punto di vista legislativo.
Sarà necessario inoltre, individuare dei trattamenti dedicati per curare questa vera e propria patologia mentale che affligge una fetta di popolazione molto limitata, collocata solitamente tra i più giovani.
E’ di questi giorni infatti la notizia della bambina inglese di 9 anni, ricoverata in una clinica per liberarsi da una dipendenza da Fortnite.
I videogiochi online, in particolare, hanno la tendenza a creare comportamenti ossessivi nei più giovani a causa di un sistema di gratificazione che somiglia molto a quello del gioco d’azzardo.
Di sicuro però questo tipo di dipendenza non può andarsi a inserire tra le più gravi e pericolose, la dipendenza è infatti strettamente mentale, e salvo rari casi, il danno arrecato è semplicemente un disturbo comportamentale che non nuoce alla salute e alla vita sociale, una volta risolto attraverso autodisciplina o terapia.