Facebook di nuovo nel mirino in quella che sembra una serie di violazioni infinita destinate a saltar fuori una dopo l’altra.
Questa volta si parla della cessione dei dati degli utenti Facebook ai big di Silicon Valley, da Apple e Microsoft a Netflix e Spotify.
La conferma della violazione arriva direttamente da una serie di documenti interni e voci raccolte dagli ex dipendenti di Menlo Park.
Accuse queste che sono state respinte sia da parte dell’azienda che da Mark Zuckerberg ma che prevederebbero la possibilità per i partner di “leggere, scrivere e cancellare i messaggi privati degli utenti. Privilegi che sembrano andare oltre quanto necessario alle compagnie per integrare Facebook nei loro sistemi”.
Di questa possibilità avrebbe approfittato anche la Royal Bank of Canada.
Apple che non va a braccetto con Facebook da qualche tempo, avrebbe risposto immediatamente negando di essere a a conoscenza di questa possibilità di intrusione: “qualsiasi dato condiviso è stato memorizzato dai dispositivi ma non reso disponibile a nessun altro all’infuori dell’utente”.
Secondo il New York Times, inoltre, l’azienda di Menlo Park avrebbe messo a disposizione di ben 150 terze parti i dati dei suoi utenti.
Una sorta di grande banchetto di informazioni dato in pasto a chi vuole (e ha intenzione di pagare) all’insaputa degli utenti raggirati.
“Negli anni abbiamo sperimentato diversi modi per rendere Netflix più social”, afferma la piattaforma di streaming. “Un esempio di questi, è la funzione lanciata nel 2014 che permetteva agli utenti di suggerire serie e film ai loro amici di Facebook attraverso Messenger o Netflix. La funzione però non è stata popolare e l’abbiamo eliminata nel 2015. In nessun momento abbiamo avuto accesso ai messaggi privati delle persone su Facebook o richiesto la possibilità di farlo”.
Lo scandalo ha chiamato in causa anche Altroconsumo che afferma: “al Garante per la protezione dati personali chiedendo che si faccia luce sull’eventuale condivisione di dati degli utenti da parte di Facebook con partner commerciali tra i quali Amazon, Microsoft, Apple, Spotify e Netflix, senza adeguata informazione verso i consumatori su modalità e finalità di utilizzo”.
L’associazione, prosegue il comunicato, “ha scritto alle società citate nell’indagine per chiedere chiarimenti sugli italiani coinvolti e sul persistere di pratiche illecite di condivisione dati con Fb. È il modello di business in discussione, non si tratta più di singole falle, né di comportamenti inaccurati”.